Il volto sfigurato della politica italiana/Risanare: la nostra missione di oggi Necessario abbattere uno stato di abulia di Saverio Collura Papa Francesco dopo l’elezione, tra le sue prime riflessioni, indicò l’esigenza di "risanare il volto sfregiato della Chiesa Cattolica". A questa esigenza sono state ispirate le sue iniziative. Con un parallelismo, forse audace e irriverente, si può dire che c’è la necessità di risanare il volto sfigurato della politica italiana. Credo che questo obiettivo sia compito primario dei soggetti politici nazionali; e penso (voglio essere franco) soprattutto all’impegno del movimento repubblicano, liberal-democratico ed a quello della sinistra riformista. Dubito che un contributo efficace possa derivare dal centro-destra berlusconiano; essendo il suo leader completamente impegnato e condizionato dalle sue questioni, sia di ordine generale, che più specificatamente personali: spero, però, di poter essere smentito. Ciò detto, credo che l’impegno del movimento repubblicano debba essere tutto finalizzato a fare la propria parte in questo difficile e delicato percorso di lavoro; abbandonando una volta per sempre la singolare abitudine a voler sempre giudicare i comportamenti degli altri, dimenticandoci di guardare ai nostri limiti, alle nostre incongruenze, alle nostre inadeguatezze nel rapporto sociale. Il nostro percorso può essere proficuo se sapremo mettere al centro del nostro lavoro e del nostro congresso i valori, le idealità, i contenuti programmatici, ed ultimo ma non ultimo, il modello di democrazia interna del nostro movimento politico. Abbiamo individuato, almeno così mi sembra, nella Costituente Repubblicana, Liberal-Democratica il passaggio politico-organizzativo per rendere compiutamente operativa ed incisiva la proposta con cui vogliamo porci all’attenzione dell’elettorato italiano, abbiamo anche messo in atto uno sforzo tecnico, culturale ed ideale, per dar vita ad un progetto di governo efficace ed utile all’Italia; cioè in grado di rispondere alle esigenze di rinnovamento del Paese, e per dare risposte serie, credibili alla questione della competitività, dell’innovazione, del rilancio occupazionale, del rinnovamento delle istituzioni repubblicane, della costruzione degli Stati federali d’Europa. Abbiamo fatto, possiamo dirlo con franchezza, un lavoro di un certo interesse: ma nonostante questo stiamo vivendo un periodo di gravi difficoltà, di enorme disagio politico, di forte complessità nel collegamento organico con la pubblica opinione del Paese. Tutto ciò ha reso sostanzialmente sterile il lavoro sin qui svolto; ed infatti il Pri è fuori dal Parlamento, si trova ai margini della dialettica politica e del dibattito e del confronto sulle questioni centrali e fondamentali del presente e del futuro della Nazione. Eppure, come ho detto prima, in quest’ultimi due anni abbiamo sviluppato un lavoro politico-programmatico di un certo spessore ideale, culturale e denso di contenuti. Ma ciò non è bastato, se oggi viviamo la situazione di crisi e di disagio prima indicata. A mio parere, l’aspetto più preoccupante di tutto ciò è la difficoltà che viviamo oggi nel cercare di analizzare, comprendere e progettare un rinnovato ed adeguato percorso di azione politica del Pri, e cercare così di recuperare il ruolo, la "missione" politica del movimento repubblicano nella nuova realtà culturale, sociale ed economica dell’Italia. Certamente c’è un gap di linguaggio, di metodologia, di strumenti operativi, rispetto ai quali vanno individuate le risposte adeguate: e questo è certamente un impegno complesso, di non facile individuazione e di non semplice attuazione. Non si tratta di spezzare catene, quanto meno non nel senso di ritenere che l’assalto al "Palazzo d’Inverno" possa essere il toccasana dei mali del Pri. L’analisi è molto più complessa, e la terapia appare ancora tutta da definire e richiede certamente disponibilità al sacrificio degli interessi personali, per lasciare posto all’obiettivo più grande, più ambizioso, più entusiasmante della realizzazione della Costituente Repubblicana, Liberal-Democratica, la vera forza del rinnovamento politico nazionale. È necessario quindi vincere lo stato di abulia, di sconforto, di diffidenza e forse di disaffezione in atto nel Partito, abbandonando nel contempo ogni visione manichea nel confronto interno. Solo così potremo dar vigore al Partito che tutti vogliamo: aperto, ospitale, che rispetta (oserei dire che sollecita) il dissenso; e con regole che, sempre salvaguardando il pluralismo interno, sappiano trovare, senza mai emarginare la dialettica ed il dissenso, la sintesi di una linea politica con la quale prospettarsi all’opinione pubblica. Deve essere questo il lavoro in vista del congresso, deve essere questo l’obiettivo del congresso. Ma la riflessione che viene spontanea in questo momento è: c’è all’interno del partito questa volontà, questa sensibilità? |